Notizie biografiche su Alfieri Bertoli


e le prime traduzioni della Parola del Maestro


in lingua italiana e francese

Il testo che segue è tratto da una serie di audio interviste ad Annina Bertoli, figlia primogenita di Alfieri Bertoli, redattrice della rivista “Le Grain de blé”, testimone dell’attività dei gruppi fraterni in Francia e in Italia. Le registrazioni sono state effettuate negli anni 1987/88, a Sofia, quando Annina Bertoli aveva 75 anni.

Il testo è una fedele trascrizione e traduzione di materiale tratto dalle interviste; le uniche aggiunte al testo sono le note e le informazioni aggiuntive racchiuse fra parentesi quadre.

È possibile cliccare sulle parole in grassetto nel testo per visualizzare altro materiale di approfondimento.

Le tracce audio originali in lingua bulgara, sono consultabili  cliccando qui.

Il nome di mio padre è Carlo (Vittorio) Alfieri1Vittorio Alfieri non è un nome usuale in Italia; ha un sapore risorgimentale in quanto omaggia il noto scrittore di alti ideali patriottici, paladino dell’Unità d’Italia. Pietro Bèrtoli. La famiglia viene dalla provincia di Udine,2Attualmente ricade invece nella provincia di Pordenone. da uno dei paesi “redenti” nel 1918. Il paese si chiama Vivaro: fino al 1918 fu possedimento austro-ungarico, ma dopo la Guerra riconquistarono la libertà. Erano di origine franco-italiana, Bertoli è un nome italiano. Mio padre viene da un’ottima famiglia: suo nonno, mio bisnonno, era sindaco, e suo padre contabile in banca. Nacque a Vivaro il 26 gennaio 1887. È un Acquario, con molti pianeti in Acquario in nona casa. Anche mia madre era italiana [Lucia, la moglie di Alfieri Bertoli, N.d.T.], addirittura di sangue reale. La mia nonna materna apparteneva infatti alla famiglia Karagheorghiovič, del Montenegro, e la mia bisnonna era una principessa montenegrina. Mio padre trascorse la sua infanzia a Vivaro, e mi raccontò che all’età di sette anni, in sogno, si sentì cadere da qualche stella dell’Universo. Cadeva, precipitava e alla fine si ritrovò sulla Terra; cominciò a piangere disperato e sua madre, accorrendo, gli chiese:

«Cosa c’è, Fier, perché piangi?».
«Sono caduto, caduto da qualche luogo».

Successivamente studiò arti applicate a Venezia, principalmente marmo veneziano. Poi fu arruolato nell’esercito e si recò in Germania per specializzarsi in scalinate, mosaici ecc. Intorno ai ventiquattro anni desiderava andare in India per cercare la Verità: leggeva letteratura esoterica3Probabilmente teosofica o antroposofica. e voleva incontrare i maestri himalayani. E prese un biglietto, senza passaporto, senza niente, semplicemente seguendo l’impulso interiore di trovare un Maestro. Ma quando arrivò a Costantinopoli [oggi Istanbul, N.d.T.] rimase senza soldi. Là c’era una piazza dove gli imprenditori andavano a cercare i lavoratori da ingaggiare. Un funzionario altolocato li passava in rassegna chiedendo a ciascuno che cosa sapesse fare, e arrivato davanti a mio padre gli chiese:

«Chi sei?».
«Sono Italiano».
«E che cosa sai fare?».
«Mosaico veneziano».
«Oh! Mi sei stato mandato da Dio. Sto costruendo una chiesa e ho bisogno proprio di una persona del genere, per realizzare figure marmoree di Cristo e immagini simili».

Al cantiere veniva pagato in quelle grandi monete d’oro di allora, e incontrò un altro italiano che era là di passaggio: «Vedo che sei qui da solo e non hai conoscenti. Anche io sono straniero, ti porterò dalla mia famiglia a Edirne,4Città al confine fra Tracia e Turchia, lungamente contesa tra bulgari, greci e turchi. da noi si parla tutti italiano e sarà più piacevole per te». Andò ospite da quella famiglia a Edirne e là incontrò mia madre Lucia, che aveva allora sedici anni appena e una voce molto bella, mentre mio padre invece, pur amando moltissimo la musica, era stonato.

L’amico italiano che lo ospitava era sposato con la sorella maggiore di mia madre, e fu lui che lo portò da Costantinopoli a Edirne. Dissero a mia madre: «Canta per questo straniero qualche canzone italiana!». E così, mentre mia madre cantava per lui, nacque il loro legame. Si sposarono, e io sono la primogenita, nata nel 1912, il 28 gennaio, di Domenica, alla sera, anch’io dell’Acquario; nacqui proprio durante il conflitto tra Bulgaria, Turchia e Grecia per la conquista di Edirne. Per un po’ Edirne è stata bulgara, quando ci sono nata io, ma poi i Turchi hanno ripreso il controllo espellendo tutti gli stranieri. Mia madre disse allora: «Ho una nonna a Plovdiv che ha molti conoscenti». Infatti la nonna di mia madre era una rinomata gledačka [Cioè veggente: leggeva il futuro nei fondi di caffè, N.d.T.] e consorte di un prete bulgaro: persino l’allora ministro Kolarov andò da lei, e nei suoi ricordi scrisse di questa vecchia Teofanì, che gli aveva salvato la vita. Infatti venne a farsi leggere un fondo di caffè da nonna Teofanì e lei gli disse: «Non tornare a casa, lì ti aspettano per arrestarti». Lui le diede retta e così ebbe salva la vita, perché stavano davvero tendendo un agguato al ministro. Questa mia bisnonna perciò aveva tante conoscenze, molti andavano a trovarla perché leggesse loro i fondi caffè. Presentò mio padre ad architetti e ingegneri, e così i miei genitori si stabilirono a Plovdiv. Anche mia madre Lucia, che se ne andò nel 1965, aveva ricevuto in eredità tali doti medianiche, faceva spesso sogni premonitori, aveva molte visioni, e anche la capacità di guarire con le mani: faceva un massaggio a qualche parente malato e quello guariva, ma lei si ammalava, prendeva il male su di sè, perché voleva che il malato guarisse per forza. Era una fervente devota della Santissima Vergine: se da qualche parte trovava una cappella a Lei dedicata, offriva qualcosa alle persone che se ne prendevano cura o donava orecchini e anelli, qualsiasi cosa avesse d’oro, alla statua.

Nel frattempo stava arrivando la Prima Guerra mondiale, e nacquero mio fratello, che è ora in Italia, e una sorella. Mio fratello Pietro Bertoli è nato il 16 luglio 1913, fa l’ingegnere, e ora vive a Novara.5Nella registrazione viene fornito l’indirizzo esatto: via Nicolao Sottile 16 A. Mia sorella Marietta è nata il 28 agosto 1916,6Anche lei, dopo essersi sposata, visse in Italia, a Roma, con il marito, il celebre direttore d’orchestra Vladi Simeonov, che fondò la prima orchestra giovanile al mondo in Bulgaria nel 1952. Marietta è coautrice di un ottimo dizionario bulgaro-italiano e impartiva lezioni private d’italiano a Sofia. e poi c’è anche un altro fratello, Gilio (Virgilio), nato a ben vent’anni di distanza, nel 1932, che ora è in Svizzera e lavora alle Nazioni Unite.

In quegli anni mia madre si ammalò gravemente e fu ricoverata in ospedale. Cosa fare con noi tre bambini piccoli? Io, Annina, sei anni, Pietro, quattro anni e mezzo, Marietta appena due. Ci sistemarono per un periodo dalle suore cattoliche. Serbo alcuni vividi ricordi di allora: quello di una vecchia suora, molto buona, che ci dava un pezzetto del suo pane con la čubritza,7La santoreggia, una spezia di largo uso in Bulgaria. perché fosse più appetitoso. All’orfanotrofio, dalle suore, noi bambini ci ammalammo tutti, e mio padre venne a riprenderci per portarci dai nonni materni, ma anche mia nonna si ammalò, e quindi insieme a mia madre, che si era un po’ripresa, ritornammo in Italia dai nonni paterni. Noi siamo rimasti là per altri due anni, mentre mio padre continuava a lavorare in Bulgaria. Dopodiché uno dei suoi vecchi compagni di classe, emigrato in America, gli scrisse: «Trasferitevi qui, diventeremo ricchi, lavoreremo insieme, saremo milionari». Mio padre aveva già preparato i passaporti per tutti, per venire in Italia a riprenderci e partire con noi per l’America. Ma prima di salpare dal porto di Burgàs incontrò un fratello, di cui non ricordo più il nome,8Secondo alcuni Mihail Stoitzev di Plovdiv. che gli diede un libretto da leggere.9Si tratta di una pubblicazione di 61 pagine edita dai discepoli e contenente le lezioni del 22 gennaio e del 5 febbraio 1920 (giovedì), “tenute nella Scuola Occulta della Fratellanza Bianca Universale”. Questo libretto conteneva tre lezioni del Maestro: “Mitezza e umiltà”, “Elettricità e magnetismo”, “Il tormento”. Lui lo lesse, ne fu ispirato e disse:

«Voglio vedere questo Maestro!».
«Ebbene, dicono sia a Sofia».

Va a Sofia,10Secondo altri il primo incontro di Bertoli con il Maestro fu invece a Plovdiv. conosce il Maestro e basta: resta in Bulgaria, non c’è più America né altro.

Deve avergli fatto davvero una grande impressione per mandare a monte tutti i suoi piani e restare! Di base, stava cercando proprio una guida spirituale, e la spinta interiore che aveva fu soddisfatta: capì di trovarsi di fronte a un vero Maestro. Il Mondo invisibile lo guidò verso il vero Maestro, e lui gli restò fedelissimo, come tutti i fratelli e sorelle anziani.11Qui s’intende la prima generazione di discepoli del Maestro, nati appunto a fine Ottocento. Nel suo elogio funebre, Buča12Buča Behar (1903-1978), scrittrice, insegnante e seguace del Maestro. descrisse molto bene questo tratto di  mio padre.

Dopo aver iniziato a leggere le lezioni, tornò in Italia a riprenderci per stabilirci a Sofia. La prima cosa che fece fu di portare noi, suoi figli, dal Maestro: era l’autunno 1922. Lo incontrammo in via Opălčenska 66. Quel giorno erano presenti anche una certa Amelia Nadzor, una bambina della mia età, e Assen Arnaudov, che poi divenne un noto musicista, e ha solo un anno in più di me. Eravamo tutti bambini allora. Allora il Maestro creò appositamente per noi il canto: “Un dolce sguardo negli occhi è il linguaggio delle anime, un tenero sentimento che si esprime, e tutto il male è dissolto” [Canto “Blaga duma”, N.d.T.]. Dedicò a ciascuno di noi bambini un verso adatto da cantare, ma non ricordo affatto quale strofa fosse la mia. Pizzicava sulle corde e ci faceva cantare i versi, ce li ha dettati tutti, questo è ciò che ricordo. E così che è nato questo canto: l’ha creato per ciascuno di noi, in base al nostro carattere. Quello fu il mio primo incontro con il Maestro.

Gli anni successivi ho studiato qui a Sofia alla scuola italiana. Quando finii il liceo andai a chiedere al Maestro come proseguire, avendo molti interessi. E il Maestro disse: «Tu studi astrologia, vero? Ti darò dei libri sull’argomento». Il Maestro mi avrebbe aiutato a diventare una brava astrologa, ma non l’ho ascoltato. All’epoca ero l’unica delle sorelle interessata a tale disciplina. Ho calcolato il mio oroscopo insieme a Ivan  Antonov,13Ivan Antonov-Izvorski (1899-1964) studente della Classe occulta speciale, uno dei migliori astrologi di Izgrev. da cui sia io che mio padre prendevamo lezioni, anche se lui ben presto abbandonò. Il mio Plutone è in nona casa, la casa della religione, e secondo l’astrologia rosacrociana la posizione di Plutone influenza il proprio destino; anche mio padre aveva Plutone in nona, quasi in Acquario, mentre il mio è in Gemelli.

All’epoca ero molto giovane, molto timida davanti al Maestro, non osavo avvicinarlo. Ma ho un’esperienza significativa, accadutami all’inizio del luglio 1943, da raccontare. Mi piaceva moltissimo andare in montagna, al Vitoša, ma in quel periodo lavoravo,14Come sarta, che sarà la professione con cui si guadagnerà da vivere anche a Parigi. e il Maestro teneva le conferenze di Domenica, il mio unico giorno libero. Il tempo era bello e volevo salire sul Vitoša, ricordo che stavo proprio accanto alla porta, aspettando che la conferenza finisse. Guardavo in alto, ero giovane e mi ripetevo: «Che bel cielo limpido, sarà bellissimo al Vitoša, ma perché il Maestro non ci lascia un po’ di tempo libero?». Questo mi passò allora per la testa, e il Maestro mi rispose, leggendomi nel pensiero… «Ho fretta», disse. Era il 1943, all’inizio del mese di luglio. «Sbrigatevi, ho detto, perché mi resta solo un anno per darvi quel che devo darvi.” C’è questa frase nella conferenza! È rimasta stampata, e l’ho ritrovata anni dopo. Questa risposta è stata data al mio pensiero: quindi il Maestro sapeva già che presto se ne sarebbe andato. All’epoca mi dissi: «Che strano, perché rimane solo un anno e poi non continuerà più?». Non mi era mai passato per la mente che il Maestro se ne sarebbe andato. Eppure lui lo sapeva, anche se resterà con noi per sempre.

Anche in un’altra occasione, subito dopo la Paneuritmia, doveva essere il  giorno di San Pietro [quando veniva festeggiato il compleanno del Maestro, N. d. T.], il Maestro era seduto di spalle rispetto a me, eravamo schiena contro schiena. Stavo pensando intensamente a qualcosa, il Maestro si voltò e mi rispose ad alta voce.

Gli amici anziani, che erano studenti negli anni in cui era stata aperta la Scuola Occulta (1922-1923), dicevano: «Eravamo studenti, e grazie a Bertòli15Così si pronuncia il cognome “alla bulgara”. siamo riusciti a sopravvivere: ci ha dato sostentamento».
Infatti mio padre dava loro lavoro: aveva un grande laboratorio, e a tutti questi studenti, secondo quanto riuscivano a lavorare, pagava un piccolo stipendio, sufficiente per vivere.16Il laboratorio si trovava all’indirizzo Orhanijskoto šose, e si tramanda che agli studenti musicisti venisse data una mancia extra per finanziare i loro studi. Nel 1933 subì un tracollo finanziario, essendosi consociato con Lulčev.17Ljubomir Lulčev (1886-1945) discepolo del Maestro, ufficiale di alto grado, politico e personalità di spicco dell’alta società bulgara dell’epoca. nella creazione di una tipografia: mio padre al fine di stampare i discorsi del Maestro, e Lulčev per stampare altra letteratura. Avendo perso tutto, anche la casa, ci traferimmo per due anni in Romania,18Intorno alla città di Ruse, al confine con la Bulgaria. dove c’era una colonia italiana, e dei colleghi lo avevano chiamato per sperimentare la lavorazione del marmo sintetico. Tornati a Sofia, grazie alla sua padronanza di tale materiale innovativo, gli affidarono il rivestimento marmoreo del palazzo dell’Università “S. Kliment Ohrdiski”, del cinema “Kultura” e di altri grandi edifici [Il capolavoro della cosiddetta “brigata del mosaico” fu, a detta di tutti, la decorazione del Palazzo di Giustizia, vicino alla chiesa di “Santa Domenica”, nel centro di Sofia, N.d.T.].

È stato anche il primo a comprare un lotto di terreno qui a Izgrev. I fratelli che potevano permetterselo hanno comprato: il Maestro aveva detto chiaro e tondo di comprarne, anche molti di più, e “tutti allineati”.

Qui a Izgrev, si dice, non c’è baracca che mio padre non abbia aiutato a costruire. Lulčev lo chiamava la madre di Izgrev e in effetti ha contribuito  molto anche alla costruzione del Salone e della sala da pranzo.19Il grande salone (18 metri per 12) era pavimentato con piastrelle di cemento rosse e bianche, la specialità di Bertoli. Molti fratelli giovani dell’epoca ricordano che appena c’era qualche grosso lavoro di muratura o di canalizzazione da affrontare il Maestro pronunciava semplicemente: «Bertoli!», e li inviava ad affiancarlo, perché ne apprendessero l’arte. Vedi l’Appendice 1. [Per approfondimenti sulle opere realizzate da Bertoli per la Fratellanza, consulta l’Appendice 1].

Da bambina ricordo che nostro padre ci portava a piedi fino a Izgrev dalla nostra casa di allora, a Podujane, che è molto lontano.20Circa sei chilometri. Mio padre era modesto, non ci parlava molto delle sue esperienze con il Maestro: lavorava sia sul piano fisico che su quello occulto, era molto regolare nella frequenza delle conferenze, di tutte le conferenze.21Essendo sposato, seguiva le lezioni della Classe occulta generale e non quelle della Classe occulta speciale, a cui avevano generalmente accesso solo le persone non sposate. Era pieno, pieno di taccuini, e man mano che ascoltava le conferenze le traduceva in italiano. Non traduceva le conversazioni personali con il Maestro, ma solo le conferenze. Le traduceva sempre in italiano, e faceva anche dei begli schizzi, dei disegni, di tutto ciò che gli veniva in mente come immagine: lo disegnava mentre ascoltava il Maestro. A causa di mancanza di spazio nella mansarda parigina dove deposito le edizioni in francese,22Rue du moulinet 24, Paris, 13e Arrondissement. ne ho bruciati moltissimi, anche interi sacchi di corrispondenza, ma nessuna lettera autografa del Maestro. Ho ancora alcuni taccuini in italiano che ho conservato, ma  pochi, con le formule personali che mio padre aveva ricevuto dal Maestro.

Molto del materiale tradotto da mio padre e stampato l’ho inviato a Milano, a Benedetto Baruch23I Baruch sono una nota famiglia ebrea di Milano. L’indirizzo per la corrispondenza era via Beatrice d’Este 45. [vedi Appendice 2], che era discepolo del Maestro e se n’è andato quasi contemporaneamente a mio padre.24Quindi nel 1976. Anche mio fratello più piccolo ha in cantina del materiale stampato. Riguardo a ciò che inviava in ciclostile in Italia ai suoi corrispondenti, erano in gran parte riassunti, sintesi delle conferenze. Ad esempio, se il Maestro parlava dell’Amore, prendeva spunto da un’altra conferenza sullo stesso argomento e la giustapponeva, ma la traduzione è sempre testuale. Non so in che anno mio padre abbia cominciato a tradurre le conferenze del Maestro, ma inviava le sue traduzioni in Italia a dei corrispondenti selezionati, compreso Romolo Mantovani [vedi Appendice 3], il cui indirizzo gli era stato segnalato da qualcuno.

All’epoca anche in Italia erano di moda le sedute spiritiche, e nel circolo di tale Romolo Mantovani disponevano di una medium molto brava, che mi raccontò personalmente come incontrò il Maestro, ed è un caso interessante. Si chiamava Lucia Piazzo, all’epoca aveva diciassette anni. Trovandosi a Torino, a un congresso di vari gruppi spirituali venuti da ogni dove, vide alle spalle di un giovane una figura splendente come il sole, con i capelli bianchi fino alle spalle e la barba bianca, una figura talmente bella che, appena finita la sessione congressuale, sebbene fosse molto timida, si avvicinò a quel giovane e gli disse:

«Dovete avere un nonno oppure un bisnonno santo, un saggio!».
«Perché?».
«L’ho visto accanto a voi, ha i capelli bianchi lunghi fino alle spalle, la barba bianca, e risplende».
«Ah», replicò, «avete visto il Maestro Petăr Dănov!».
«Chi è?».
«Ebbene, ho sotto il braccio la traduzione dei suoi discorsi che mi inviano dalla Bulgaria, ve li mostro».
«Per favore, lasciatemeli leggere», lo pregai, allora.
«Oh no, ne possiedo una copia soltanto, non posso».
«Vi lascio il mio indirizzo, per favore!».

E così aveva incontrato per la prima volta il Maestro in una visione.

Successivamente lei e il marito furono costretti a lasciare Torino, e con Romolo [il giovane che aveva i discorsi del Maestro al congresso, N. d. T.], che era diventato loro amico, continuavano le sedute spiritiche e si trasferirono tutti a Parigi. Così, pian piano, si formò il loro gruppo: come medium Lucia dava consigli sulla guarigione attraverso il bagno secondo il metodo di Louis Kuhne,25Louis Kuhne (1835-1901) fu un medico tedesco, precursore, come Kneipp, della naturopatia, che raccomandava l’uso di saune, bagni di sole e frizioni, per eliminare le scorie, e una dieta vegetariana. Sostenne il concetto della fermentazione intestinale. [vedi Appendice 3] e con l’argilla. Lasciarono l’Italia nel 1934/35, e io li conobbi nel 1936, anche questo caso è interessante. Lucia Piazzo aveva una figlia che le morì prematuramente, e ne fu talmente scossa che, a causa del dolore, perse le sue capacità medianiche. Quando nel 1936 andai in Francia, mio padre scrisse a Romolo Mantovani: «Ecco,  mia figlia arriva a Parigi, per favore accoglietela alla stazione». E lui, in stazione, mi disse: «Stasera teniamo una seduta, e forse voi, che venite or ora da Izgrev, tramite il Maestro potrete aiutare Lucia a riacquistare le sue capacità». Era la prima volta che assistevo a una cosa del genere, non ne sapevo nulla; mi fecero sedere accanto a lei, e infatti si manifestò il loro Spirito guida, Verrò.26Secondo le parole di Lucie Piazzo: «Il nostro Spirito Guida, per farsi riconoscere, si fa chiamare con la parola italiana “Verrò”. In tal modo ha voluto dirci che è sempre pronto a venire in aiuto a chiunque, dietro semplice chiamata» (dal suo libro “Conseils pour l’Initiation Spirituelle”, Bagnolet, les Éditions Amour et Vie, 1952). C’era una coppia, un avvocato con la moglie, entrambi malati di tubercolosi, con già due caverne polmonari, e Verrò apparve e disse loro di seguire la terapia con il bagno di Louis Kuhne e di bere l’argilla. Verrò dava semplicemente messaggi molto belli, come se parlasse il Maestro, sempre sul fondamento dell’Amore. Tutto è vivo in natura e tutto serve Dio, serve l’Amore.

Mio padre è stato il primo degli studenti a tradurre l’Insegnamento in lingua straniera – in italiano – e a inviarlo in Italia proprio al gruppo di Romolo Mantovani, che ricevette per corrispondenza le sue traduzioni. Dopo che Romolo si trasferì in Francia, mio padre continuò a mantenersi in contatto con lui, a inviargli traduzioni; perciò furono stampati in francese, nella nostra tipografia a Sofia, e poi inscatolati e spediti in Francia Il mondo delle Grandi Anime”, “Il Maestro parla”, “Nel regno della Natura vivente” e “La vita per il Tutto”,27A queste prime traduzioni contribuirono in grande misura anche Gheorghi Radev (1900-1940), brillante studente della Classe dei giovani, e Henriette Markova, una sorella belga, sposata a Sofia con un ufficiale bulgaro; professoressa di francese, insegnò lingua francese anche alla famiglia reale. per il gruppo francese che si era già formato attorno a Romolo e Lucie, grazie a quelle guarigioni con le terapie naturali e alle sedute spiritiche.

Il gruppo parigino era davvero numeroso, contava migliaia di persone. Grazie alle traduzioni di quei primi libri, crebbero anche a Parigi il numero dei primi discepoli del Maestro. Mio padre arrivò a Parigi nel 1937, non ricordo esattamente se a giugno o luglio. Lo invitò Romolo dicendo: «Vedete, qui in molti hanno apprezzato i libri che avete tradotto e saranno molto felici di incontrare di persona un discepolo del Maestro». Invitò le persone interessate, e mio padre parlò loro, mostrando i ritratti del Maestro; tra di loro c’era una donna, Cardin, e Sabsay, la dentista, che poi vennero in Bulgaria nell’estate 1938 e 1939, e anche Stella Belmen.28Che in seguito divenne segretaria di Omraam Mikhaël Aïvanhov. Lei fu subito entusiasta e disse: «Appena andrò in vacanza verrò sicuramente in Bulgaria per incontrare il maestro Petăr Dănov». Mio padre le disse: «Io ora torno in Italia, ma se il tal giorno vi troverete a Venezia, in piazza San Marco, vicino alla colonna, passerò a prendervi dopo mezzogiorno, verso le 15». Lei si fece trovare là, il tal giorno alla tale ora, e lui la portò con sé a Sofia, dove incontrò effettivamente il Maestro: accadde tramite mio padre. Vennero anche altri francesi29Circa 5-6 persone, tra cui anche Cardin. nel 1938: un artista, Greev, e una sorella anziana, che vidi camminare estatica sul prato della Paneuritmia, esclamando a voce alta che tutto era proprio come se lo era immaginato.

Nel 1939 arrivò un gruppo francese ben più numeroso, una ventina di persone circa, tra cui Sabsay, Cardin e André Menjaud,30Figlio di un attore della Comedie Française, con abile manovra dirottò su Sofia l’impiego degli apparati destinati alla registrazione di documenti etnografici nelle colonie dell’Africa francese. che lavorava alla televisione francese e si era procurato un registratore. Registrò due minuti dell’inizio della conferenza con la voce del Maestro, ma il disco31All’epoca per registrare si usavano dischi morbidi della durata di circa tre minuti. si ruppe e non è recuperabile. Lo stesso Menjaud, che ora è malato, non sa più dove sia finito, perché gliel’ho richiesto ultimamente: una volta mi disse che era da Mikhail, un’altra volta in qualche museo. Ci registrò anche mentre cantavamo in coro nel Salone all’unisono, ognuno col suo timbro [Alcune registrazioni del 1939 si possono ascoltare qui. Per visionare del materiale fotografico, vedi Appendice 4].

Dopo che mio padre venne per la prima volta a Parigi, circa un mese dopo, credo nel mese di agosto [del 1937, N. d. T.], anche Mihail Ivanov seppe che a Parigi si era formato un gruppo di studenti, e così chiese i loro indirizzi al fratello Boev, il quale, da buon fratello qual era, glieli diede e gli fornì anche una lettera di presentazione. Quando Mihail arrivò a Parigi era piena estate, e la città era deserta. Tošo Simeonov, un fratello, ingegnere, che si trovava già lì, mi raccontò che incontrò al Giardino delle Tuilleries il nostro Mihail, seduto pensieroso su di una panchina: «Ehi, come va?», chiese. «Eh», disse, «sono arrivato qui con l’indirizzo di un contatto, ma non trovo nessuno e ho finito i soldi. Se anche domani non ci sarà nessuno a quell’indirizzo sarò costretto a ritornare in Bulgaria». Ma il caso volle che il giorno dopo incontrasse alcune persone che, anch’esse, cercavano Cardin, la quale era in contatto con diversi gruppi spirituali. Lei presentò Mihail ad altri che già conoscevano il Maestro, dicendo: «Ecco, è arrivato un discepolo del Maestro»; e lui sapeva come parlare, era di bella presenza e così nacque un altro gruppo attorno a lui.

Mio padre svolse il lavoro principale di  tradurre le conferenze in italiano e francese. Non si traducevano libri interi, ma singole conferenze selezionate,32Dunque, un florilegio. Le conferenze più lunghe venivano pubblicate a puntate. le si sceglieva come anche io continuo a fare ancora oggi: leggo, rileggo e, quando trovo quelle più adatte, con i pensieri più concentrati, le traduco e le pubblico.33Attraverso l’associazione francese senza scopo di lucro “Le Grain de Blé”. La rivista “Žitno Zărno” (Chicco di grano) fu pubblicata in Bulgaria dai discepoli del Maestro Petăr Dănov dal 1924 al 1944. Dopo la guerra la rivista continuò ad uscire, ma solo in Francia, in lingua francese. Siamo stati gli unici a tradurre  sistematicamente le conferenze in lingua straniera. Il Maestro disse una volta che se i tedeschi accetteranno il Nuovo Insegnamento, lo faranno anche tutti gli altri popoli; ci sono molti dei nostri in Germania, ma nessuno fa nulla, restano inattivi. Il lavoro da discepoli richiede soprattutto umiltà e nessuna ambizione e vanità. Una volta che entrano in gioco ambizione e vanità, è finita.

Quanto all’emblema che abbiamo scelto per le edizioni francesi, è quello della Scuola,34La traduzione letterale del motto inscritto nell’emblema è: “Testa della tua Parola è la Verità”. La formula è tratta dal Salmo 119, versetto 160, che si può tradurre in diversi modi a seconda della versione biblica adottata: “La somma della Tua Parola è verità”, “L’interezza della Tua Parola è verità”, “Tutte le Tue Parole sono vere”, “Non c’è altro che verità nella Tua Parola”, “Il fondamento della Tua Parola è vero”, “La Tua Parola è vera dal Principio”, “Le Tue Parole sono vere dall’inizio”, “La vera essenza delle Tue Parole è verità”. Tale versetto è presente anche nel Raggio Blu del libro “Testamento dei Raggi Colorati della Luce”. Riguardo all’emblema, vedi anche l’Appendice 1 sulle opere manuali di Bertoli. l’Ancora, ma nell’iscrizione abbiamo reso la parola “Glava”, letteralmente, “Testa”, con “Fondamento”, perché tornava più chiaro, più immediato in francese. Come mi ha anche confermato mia sorella Marietta, che ha lavorato per molti anni al Dizionario Italiano-Bulgaro,35Tuttora adottato nei corsi universitari di slavistica. per alcune parole bulgare, che sono molto precise, ci vorrebbe un’intera frase esplicativa in un’altra lingua. Il Maestro stesso ha spiegato che ha scelto il popolo bulgaro, la Bulgaria, perché ha il linguaggio più accurato per trasmettere la Parola di Dio. In francese, ad esempio, una parola ha significati molteplici, oppure l’ortografia non è la stessa, ma la pronuncia sì, ed è più facile che i concetti vengano distorti.

Il futuro è degli slavi. Come per l’organismo umano ci sono infanzia, adolescenza, età adulta, vecchiaia, e poi si lascia il posto ad altri, anche storicamente ci furono prima gli Assiro-Babilonesi, poi altri, la cultura greca, quella greco-romana, e ora l’anglosassone. Gli slavi sono in realtà il popolo più giovane, non hanno ancora storia; il futuro è dei bambini, il futuro è tutto loro. Di ogni nazione si dice che apporti qualcosa di speciale, e gli slavi hanno sviluppato un senso di comunità, di comunione. Soprattutto tra i russi, giusto? I bulgari sono più duri. Il Maestro diceva spesso nei suoi discorsi: «Non esistono persone altrettanto dure». Rappresentano la roccia. E nei primi Colloqui con lo Spirito36Un’opera dettata dallo Spirito a Petăr Dănov, tra il 25 giugno e l’8 luglio 1900, mentre egli si trovava con il padre nella città di Novi Pazar. egli dice: «[I bulgari] sono ancora molto poco sviluppati spiritualmente». Ecco perché il Maestro è venuto qui, qui si era presentata un’opportunità, non in Russia. E da qui verrà passato ad altri. Non è un caso che l’ambasciata russa ora si trovi proprio là, di fronte a dov’era il Salone [delle conferenze, N.d.T.], di fronte al prato dove è stata data questa Parola. È proprio là che si trova, che lo si voglia o no.

Riguardo al triangolo che incornicia l’Ancora, Yordanka Žekova37La sorella che cucinava per il Maestro e i fratelli. – ora non ricordo bene tutti i dettagli – mi raccontò che, forse a Veliko Tărnovo, dove il Maestro avrebbe dovuto tenere una conferenza, i preti ortodossi volevano ostacolarlo. Già al mattino il Maestro disse loro di allinearsi formando un triangolo, con la punta rivolta verso la città, e disposti in quella formazione camminarono dalla vigna fino alla città.

Nel 1947 mio padre tornò a Parigi per proseguire nella promozione degli insegnamenti del Maestro. Trovò lavoro presso un armeno che restaurava  le vetrate artistiche delle chiese andate distrutte durante i bombardamenti. Ma non poteva più salire sulle impalcature, era ormai anziano, e allora faceva il custode, la guardia giurata per sorvegliare gli edifici; abitava in una piccolissima mansarda, mentre alcuni fratelli dalla Bulgaria lo accusarono di aver trafugato l’oro della Fratellanza! Mio padre lasciò Parigi per sempre nel 1972. Aveva già ottantacinque anni, era caduto e si era rotto la spalla qui. Allora, da vecchio, ritornò a Izgrev.38Proprio nel 1972 venne raso al suolo il Salone di Izgrev che Bertoli aveva contribuito a edificare.

Secondo le nostre capacità, siccome né lui né io siamo abili oratori, ma conoscevamo bene il francese, abbiamo iniziato a stampare una pubblicazione periodica, intitolandola [sulla falsariga dell’omonimo periodico fraterno bulgaro, “Žitno Zărno” (Chicco di grano),  N.d.T.] “Le Grain de blé. Enseignement de vie nouvelle du Maître Beinça Duno” (“Il Chicco di grano. Insegnamento della nuova vita, del Maestro Beinsa Duno”) [Un certo numero di volumi in lingua francese è scaricabile qui, N.d.T.].

È da trent’anni che la pubblichiamo e la diffondiamo tramite abbonamento. Per l’anniversario della rivista ho anche stampato un libro che comprende i primi sedici numeri.39Era un periodico trimestrale, quindi i primi quattro anni. Nella rivista inseriamo traduzioni delle conferenze del Maestro e anche altro materiale, ad esempio ricordi dei discepoli. All’inizio attinsi dal taccuino di Vlad Pašov,40Dal titolo: “La vita straordinaria del Maestro Petăr Dănov”, che venne poi interamente tradotto in francese (“La vie extraordinaire du Maître Petar Deunov”) e in inglese (“The extraordinary life of the Master Peter Deunov”). e poi da quello di Paša, una delle sorelle stenografe, alla quale ero molto legata,41Infatti fu proprio Paša la “madrina di battesimo” di Annina ai Sette Laghi. [vedi anche Appendice 5, “Iniziazione sul Rila”]. la quale preparò appositamente per me un taccuino dalla copertina dorata, contenente tutti i suoi ricordi più significativi del Maestro: il “quaderno dorato”, che le venne requisito nel 1957 e andò poi perduto.42Durante il periodo del regime comunista, che fu anche il periodo più duro di persecuzione della Fratellanza in Bulgaria. Provò a riscriverlo, ma era ormai troppo anziana e quasi cieca. Molti abbonati mi scrivevano dicendomi che a volte leggevano i ricordi prima delle conferenze, e perciò, su loro espressa richiesta, ho continuato a inserirli: Fratello Borìs43Borìs Nikolov (1900-1991) discepolo del Maestro e suo successore alla guida della Fratellanza. mi ha passato anche i ricordi di Elena Ilarionova e Maria Kazakova. Metto al massimo due o tre paginette di ricordi, il resto sono conferenze o conversazioni informali. Piacciono soprattutto quelle da “La sorgente del Bene” [“Izvorăt na Dobroto” (1944), N.d.T.] che, essendo in forma più concisa e condensata, vengono comprese immediatamente. A volte, traducendo, tralascio alcuni passaggi che non hanno nulla a che vedere con l’argomento principale del discorso, come se all’improvviso il Maestro iniziasse a corrispondere con il Mondo Invisibile. Perché, ad esempio, in quelle tre conferenze: “Amore”, “Fede” e “Speranza”,44Le prime lezioni della Classe occulta generale, tradotte da Bertoli in italiano e pubblicate nel libro dal titolo: “Purezza assoluta”, edizioni Bialo Bratsvo, Sofia, 2009. a un certo punto egli inizia a parlare di soldati, di come si dispongono, il che non c’entra assolutamente con il discorso. E lo salto, perché, mi dico, il Maestro deve rispondere a qualcuno del Mondo Invisibile. Altre risposte invece le lascio, anche se rivolte a qualcuno in particolare, se vedo che possono essere universalmente utili. Sono ormai trentun anni che pubblico la rivista, ci sono abbonati che pagano regolarmente da anni, quindi a loro piace, e me lo confermano con lettere commoventi: dovrei raccogliere queste belle recensioni, come mi ringraziano che, grazie a ciò che leggono del Maestro, comprendono perché sono venuti al mondo, i loro compiti, e sopportano più facilmente le avversità. E c’è chi lo afferma già alla prima lettura; queste sono le anime pronte, come le chiamò il Maestro stesso: «Lavoreremo con le anime pronte». Esistono tanti altri gruppi spirituali che sono validi, ma non è la stessa cosa, il Maestro è un Maestro d’Amore, Lui stesso lo disse. È la continuazione dell’Insegnamento di Cristo.

Prego il Mondo Invisibile, dicendo: «Maestro, manda persone a continuare quest’opera!». Sarebbe importante trasformare in volumi ciò che abbiamo tradotto finora, e trovare traduttori di madrelingua francese. Per ora, tra chi mi circonda, non vedo chi continuerà. Il lavoro è tanto, bisogna essere liberi e dedicarsi ad esso completamente. Non è facile. Certo, quando c’è amore per il Maestro, bisogna fare dei sacrifici. Non guadagniamo nulla da ciò che facciamo, copriamo solo le spese di stampa. Ormai non seguo altri progetti, faccio solo quello che riesco. Il Maestro stesso disse: «Ciò che non puoi più fare, lo chiederai al Mondo Invisibile». Se il Mondo Invisibile stabilisce di continuare, predisporranno delle condizioni favorevoli. Se mancano le condizioni, mi dico: «Il Mondo Invisibile ha deciso così». Per il resto, sono grata per le condizioni che ho: una stanza tutta per me, per lavorare in pace. Il posto è tranquillo e silenzioso: ci sono, è vero, sette piani di scale, ma immagino di salire in montagna.

Abbiamo anche stampato in francese un libro di Paneuritmia in ciclostile, perché a Parigi tutti mi chiedevano i vari dettagli, come la posizione delle mani, dei palmi e così via, dal momento che passavo per una delle sorelle che la conoscono meglio [Infatti Annina compare (è la terza nella fila delle sorelle) nel documentario sulla Paneuritmia girato sul prato di Izgrev, presumibilmente nel 1947, da Gheorghi Kjosev, N.d.T.]. Quando il Maestro ha dato il Pentagramma, ero presente, ho partecipato a tutti i movimenti, eravamo in dieci. Sul prato la grande lampada era accesa…Provavamo di sera. Il Pentagramma non è stato eseguito per molto tempo poiché, [finita la prima parte, in cerchio, N.d.T.] non si sapeva come disporsi. Poi il Maestro diede i Raggi di Sole, ed è  risultato del tutto naturale, basta girarsi [di novanta gradi verso destra N.d.T.]. Quando ero ormai in Francia ho aperto il libro stampato in bulgaro45Nel 1938 a Sofia, a cura di Boyan Boev (1883-1963), segretario personale del Maestro e Milka Periklieva (1908-1976) discepola del Maestro e insegnante. per verificare, e vi ho riscontrato molte imprecisioni: non grossi errori, ma piccoli dettagli. Allora ho scritto a Elena Andreeva:46Elena Andreeva (1899-1990), discepola del Maestro, un’altra delle sorelle stenografe. “Controlla quello che è scritto alla tal pagina, vedi che in realtà si danza diversamente”. Lei mi rispose che in effetti c’erano delle incongruenze, e le sorelle hanno deciso di elaborare una nuova descrizione47Da non confondere con la Paneuritmia detta “delle sorelle”, che è invece di molto successiva a questo primo tentativo, grazie al quale ci restano molte foto in posa di Yarmila e Mika a Izgrev. più dettagliata della coreografia, corredata dai disegni di Elena, per spedirmela, in modo che potessi tradurla e pubblicarla in francese.48A Parigi il gruppo di Annina Bertoli, che contava una ventina di persone, era solito danzare la Domenica mattina al Parc de Saint-Cloud. Si racconta, che, nonostante Parigi sia una città molto piovosa, in quelle occasioni non piovesse mai, grazie alle preghiere di Annina. Si misero all’opera Mika,49Maria Todorova (1898-1976), discepola del Maestro e musicista, moglie di Borìs Nikolov. Yarmila, danzatrice professionista50Yarmila Mentzlova (1907-1984), la sorella che il Maestro in persona incaricò di correggere la Paneuritmia. che era allora a Sofia, Katja Griva51Katja Grivà (1902-1974) discepola del Maestro e cantante. e Elena Andreeva. Sulla seconda edizione, corretta in Bulgaria, ho scritto “Fatta in Bulgaria”.

Quando Yarmila tornò a Parigi, decise di pubblicare un’altro libro dedicato alla Paneuritmia, con il suo nome in copertina. Preparò il libro, ma, proprio quando era pressoché pronto per la stampa, le occorse un grave incidente [Nel 1983, N.d.T.]. Da amante dei gatti qual era, scese di sera sotto casa, in qualche angolo buio dove si trovavano dei randagi, per portare loro da mangiare, e lì fu colpita alla testa con un pezzo di ferro ad opera di alcuni sbandati. La ronda della polizia la trovò poi riversa a terra, le usciva sangue dalla testa, e venne ricoverata d’urgenza in ospedale. Sono andata a trovarla una volta, stava già bene, e dopo un mese o due fu dimessa, ma una notte si sentì di nuovo male, chiamò l’ambulanza, e all’ospedale si scoprì che aveva un ematoma al cervello.

Nel suo libro resta un errore, nello spartito il secondo violino non è trascritto bene. Anche nella descrizione dell’esercizio Podvižnost (Mobilità) c’è qualcosa che non mi torna nella posizione di partenza. La vita di Yarmila era molto difficile dal punto di vista materiale, e solo ultimamente, a settant’anni compiuti, aveva ricevuto una pensione sociale.

Possiedo anche due o tre copie su disco di una registrazione dei canti e della Paneuritmia suonata molto bene, lentamente, dai fratelli Lyubomir e Ventzislav Yankov.52I fratelli Yankovi erano musicisti professionisti, uno di nome Ventzislav, pianista, e l’altro di nome Lyubomir, violinista, entrambi istruiti personalmente dal Maestro, il quale a Lyubomir prestò perfino il suo violino da concerto. I due fratelli fecero entrambi una luminosa carriera e si trasferirono in Francia in qualità di insegnanti. È interessante notare che una volta, dal fratello Bassan, avevamo ascoltato quel disco, e arrivati al canto “Fir-Fjur-Fen”, inciso da loro senza il ritornello, all’improvviso la puntina del giradischi si è alzata da sola e l’ha ripetuto. Siamo rimasti stupefatti: un miracolo del Mondo invisibile ci mostrava che il canto doveva essere ripetuto due volte. Questo Bassan era un ricco industriale ebreo, molto ambizioso, da giovane53I discepoli anziani ricordano, infatti, la figura di questo ufficiale nel cortile di via Opălčenska 66. Secondo alcuni fu proprio la sua presenza nel cortile ad attrarre Ljubomir Lulčev, anch’egli ufficiale, inducendolo ad ascoltare quei primi discorsi pubblici del Maestro. A Bassan il Maestro predisse che sarebbe diventato milionario, come in effetti avvenne. devoto al Maestro. Gli mandai una copia di uno dei volumi da noi tradotti, ma era già verso la fine della sua vita, circa un anno fa,54Dunque nel 1986. Infatti Annina aveva raccolto e pubblicato in due volumi tutte le conferenze pubblicate a puntate sulla rivista periodica. e mi rispose con poche righe ringraziandomi per il libro e per il lavoro che svolgo per diffondere gli Insegnamenti del nostro Maestro.

E poi le iniziali della formula: “Non c’è amore come l’Amore di Dio. Solo l’Amore di Dio è Amore”. Scritto solo con le lettere iniziali [in acronimo N.d.T.].55Moise Bassan scrisse solo una breve presentazione dell’operato del Maestro, in francese, per il libro del sociologo e pedagogista svizzero Adolphe Ferrière intitolato “Un mystique moderne. P. Deunov” (Neuchatel, 1945). Sicuramente sua moglie conserva alcune lettere autografe del Maestro.

Negli Stati Uniti abbiamo un fratello francese, Felix, che grazie alla nostra piccola rivista “Le Grain de Blé” ha conosciuto l’Insegnamento.

Un suo amico gli donò una valigia con diversi libri spirituali e tra essi uno dei nostri piccoli “Chicchi di Grano”, che lo colpì moltissimo. Scrisse subito a mio padre e iniziarono una relazione epistolare per stampare qualcosa del Maestro, e così accadde che Felix fu il primo a stampare in inglese “The Teacher Speaks”56Basato sugli appunti di Gheorghi Radev. Anche questo libro è stato tradotto in italiano da Bertoli con il titolo: “Il Maestro parla” (edizioni Alpha-Dar, 2010). e i ricordi di Milka Periklieva. Un uomo onesto, che finanziò tutto da solo, e pubblicò anche “The New Humanity” e qualcos’altro.

Foto della famiglia Bertoli durante le riunioni fraterne

Visita la galleria fotografica

Appendice 1 – Opere manuali


realizzate per la Fratellanza

a) Gli emblemi della Scuola


L’ALTORILIEVO DELLA LAMPADA DEL FUOCO SACRO

Sulla parete est del Salone c’era un balcone circolare con una ringhiera di ferro, due finestre ai lati della porta e un’altra finestra sulla parete sud proprio, sopra la finestra sud del Salone. Sopra la porta del balcone, sotto la grondaia, c’era una cornice, un cerchio in rilievo di circa sessanta centimetri di diametro, e al centro, sempre in rilievo, una lucerna blu con una fiamma rossa dal significato simbolico; al di sopra del cerchio con la lucerna c’era un pentagono di legno, al centro del quale era inserita un’ellisse di legno da cui pendeva un’enorme lampada che, quando era accesa, illuminava tutto il prato circostante. Questo emblema fu realizzato da Bertoli seguendo la sua ispirazione. In un’altra foto storica è visibile l’emblema quando ancora il Salone era in costruzione ed era stata realizzata una precedente versione del balcone.

 


L’ANCORA

Durante i raduni a Veliko Tărnovo, che erano ospitati in una villa circondata da un vigneto, in una delle stanze al piano superiore, designata dal Maestro come Gornitsa57Letteralmente: stanza di sopra.-sala di preghiera, egli creò un ambiente speciale in modo che vi si potesse pregare e meditare. Vi erano esposti vari disegni e figure dipinti con inchiostri colorati, eseguiti da un artista secondo le sue istruzioni. Ogni disegno era altamente simbolico. Bertoli chiese di poter adoperare alcuni di quei disegni come emblema della Fratellanza. Da uomo pratico qual era, voleva che ogni idea fosse fissata in un’immagine duratura. Bertoli espose al Maestro la sua idea di fabbricare un emblema della Fratellanza, e questa venne approvata: il Maestro gli diede il disegno, e Bertoli ne trasse uno stemma di cemento, collocandolo all’ingresso della sala di ricevimento al piano terra presso il Salone di Izgrev.

In un’altra foto storica sono visibili, in un’unica inquadratura, lo stemma in cemento dell’ancora l’emblema del fuoco sacro e, in alto, il solarium. 

In seguito Bertoli ne realizzò un calco, producendo da questo oltre cento copie in gesso. Un artista lo dipinse secondo le indicazioni del Maestro, con colori appropriati, e così i gruppi fraterni del Paese lo appesero nelle loro sale. Questo emblema è diventato popolare con il nome di Emblema con l’Ancora. In seguito Bertoli lo adottò anche come simbolo per la sua casa editrice.

Descrizione dello stemma: l‘emblema è un cerchio in cui è inscritto un triangolo equilatero i cui vertici toccano il cerchio con angoli di 120 gradi. In questo triangolo è inscritta un’ancora, come quelle che le navi calano sul fondo, fissandola a una fune d’acciaio. Ciò significa che la nave58La nave è un simbolo paleocristiano della Comunità dei credenti, l’Ecclesia. è ancorata. I tre lati del triangolo determinano tre sezioni geometriche nel cerchio. Nella lunetta inferiore è presente un pentagramma in chiave di sol e tre note musicali (semibrevi): do, mi, sol. Sul lato sinistro della chiave di sol parte l’iscrizione59A proposito del significato dell’iscrizione, vedi nota 34 nel testo dell’intervista ad Annina Bertoli. che termina sul lato destro del cerchio (procedendo in senso orario). Lo stemma così è colorato: il triangolo inscritto nel cerchio è color avorio; le lunette sono in blu scuro; l’ancora, la corda, l’iscrizione, la chiave di sol e le note sono in bronzo.


Il materiale tradotto in questa sezione proviene, oltre che dalla trascrizione del racconto di Annina Bertoli, anche da parecchie pagine del sito bulgaro https://petardanov.com/

b) Ellisse marmorea e lastra con il Pentagramma

Dai ricordi di Boris Nikolov.60Borìs Nikòlov (1900-1991) discepolo del Maestro e suo successore alla guida della Fratellanza. I ricordi sono liberamente consultabili sul sito.


Quando un corpo viene deposto sotto terra, di solito si recinge il luogo con una forma rettangolare. Il Maestro, tuttavia, non raccomandava l’uso di forme squadrate, bensì tonde. Quando fu costruito il Salone, sulla parete antistante venne realizzato un balconcino di forma rettangolare e dai contorni netti, ma il Maestro chiese di eliminare gli spigoli vivi, dandogli una forma arrotondata. Pertanto sapevamo che
il posto del Maestro61Cioè il luogo dove avrebbe riposato il corpo fisico del Maestro dopo la sua dipartita. Tra i seguaci del Maestro è invalso l’uso di chiamare così il Giardino dedicato al ricordo del Maestro. non doveva essere delinato in forma rettangolare.

Abbiamo consegnato il disegno del Pentagramma, calcolato con le giuste proporzioni, a Giovanni Longo.62Lo stesso scalpellino, presumibilmente veneto, che aveva già collaborato con Bertoli per la fontana di via Opălčenska 66. Lui ha realizzato il piatto marmoreo, io e Bertoli ci siamo occupati dell’ellisse: l’abbiamo modellata, sgrezzata, lucidata. Quando Giovanni fu pronto con la lastra di marmo con inciso il Pentagramma, la installammo all’estremità superiore dell’ellisse. Successivamente, con dieci fratelli, abbiamo trasportato l’ellisse su un’impalcatura appositamente preparata e l’abbiamo collocata al posto del Maestro, dove è rimasta fino a ora.

 


In questa foto d’epoca è possibile vedere come era originariamente sistemata l’ellisse. In quest’altra inquadratura è visibile anche la vigna sotto la quale il Maestro si sedeva per riposare. Questa infine è una foto che ritrae il posto del Maestro così come si presenta oggi. È disponibile anche un video con alcune riprese del giardino del Maestro.

c) Le fontane

 

1. La fontana con piramide e sfera di via Opălčenska a Sofia

Negli anni Venti in via Opălčenska 66 il cortile intorno alla casa dove si tenevano le conferenze domenicali pubbliche (prima che fosse costruito il grande Salone a Izgrev) doveva essere migliorato: fu piastrellato, i gradini furono rivestiti di pietra, e quel lavoro fu realizzato dal Bertoli. Poi fu magistralmente realizzata una bella fontana marmorea al posto di quella preesistente in legno. Bertoli, insieme al suo concittadino e amico Giovanni Longo, scalpellino, fece un modello di fontana, con una bella vasca di marmo, che fosse decorosa e si adattasse all’ambiente del cortile e della casa, e al Maestro piacque molto (vedi foto 1 e foto 2).

Bertoli partecipò attivamente alla costruzione di molte altre fontane della Fratellanza, fra le quali ricordiamo in particolar modo quella a Izgrev, decorata con i bassorilievi, e quella con i segni zodiacali a Topolitza. La sua partecipazione, tuttavia, riguardava soltanto la progettazione e la direzione lavori, mentre la manodopera era principalmente affidata a Boris Nikolov63Borìs Nikòlov (1900-1991), uno dei discepoli più vicini al Maestro, che assunse il compito di coordinatore della Fratellanza in Bulgaria dopo la dipartita del Maestro. e ad altri volenterosi.

Nel disegnare le fontane egli si atteneva alle indicazioni date dal Maestro, ad esempio, prevedere che ci fossero più cannelle (in modo che l’acqua potesse essere attinta da più persone contemporaneamente), orientare la spina verso sud e così via. Daremo qui di seguito una sintetica descrizione di queste due opere magistrali.

2. La fontana con i segni zodiacali nel villaggio di Topolitsa (1928)

Topolitsa era all’epoca un villaggio agricolo posto in una regione meridionale afflitta dalla siccità, dove era presente un attivo gruppo fraterno, che, autofinanziandosi,  realizzò – non senza opposizione da parte delle autorità – una bellissima opera di pubblica utilità. Uno dei lati della fontana, infatti, veniva utilizzato per gli usi domestici (approvviggionamento di acqua potabile, lavaggio di vestiti e tappeti), mentre si utilizzava l’altro per abbeverare gli animali.

Questa fontana venne celebrata anche da Boyan Boev64Boyan Boev (1883-1963), discepolo e segretario personale del Maestro. in un bell’articolo dal titolo “Le forze nascoste nel popolo. La fontana di Topolitsa” (pubblicato nel 1935 sul numero 143 della rivista fraterna “Fratellanza”) e restò negli anni un esempio luminoso di collaborazione fraterna, di duro lavoro e di fede, perché erano in pochi a credere che si potesse davvero captare acqua pura là dove c’era un acquitrino paludoso.

Fu anche una lezione per i detrattori della Fratellanza.

Il promotore principale della costruzione fu il fratello Gheorghi Kurtev65Gheorghi Kurtev (1870 – 1961), discepolo del Maestro, capogruppo del numeroso gruppo fraterno di Ajtos (a sud-est del Paese). di Ajtos, cittadina prossima al villaggio, che organizzò la fornitura dei materiali, della manodopera e del vitto per i lavoratori impiegati, anche se, alla fine, fu l’intero villaggio di Topolitsa a costruire la fontana con le proprie mani. All’inizio, infatti, parteciparono ai lavori solo i fratelli e le sorelle della Fratellanza (che dagli abitanti del villaggiovenivano chiamati nabožnite, cioè, i devoti), ma gradualmente l’impresa conquistò il cuore di tutti. In seguito la fontana preservò il paese dalle ricorrenti epidemie di tifo.

II Maestro incaricò Bertoli di realizzare la fontana dopo che Gheorghi Kurtev venne a Sofia chiedendo che la gente di Topolitsa potesse usufruire di acqua potabile. Il Maestro fece un piccolo disegno in cui raffigurò simbolicamente l’uomo in forma di fontana: la testa corrispondeva alla sorgente, le spalle alle pareti, le gambe ai lavatoi dove si riversava l’acqua. Si tratta delle stesse parti con cui viene rappresentato l’uomo nel Pentagramma (testa, braccia, gambe).

In base al disegno del Maestro Bertoli progettò la pianta della fontana: l’acqua, le cannelle, le vasche e così via.

Lavorava allora per Bertoli uno scultore,66Possiamo ipotizzare che si trattasse dello scalpellino Giovanni Longo, probabilmente di origini venete. nel suo laboratorio vicino a Pavlovo,67Quartiere a sud di Sofia. Il laboratorio si trovava all’indirizzo Orhanijskoto šose. che realizzò gli stampi in cemento dei segni zodiacali, forgiò le cannelle, e tutto il resto. L’Acquario68Il significato simbolico del segno, posto in posizione centrale, era legato all’avvento dell’era dell’Acquario, annunciato dal Maestro in una importante conferenza del 1914. al centro della fontana venne sbozzato invece a figura intera.

Boris Nikolov realizzò le colonnine per suddividere gli abbeveratoi della fontana fra uso domestico e uso animale, e rifece anche il serbatoio (di 4 metri per 6, e altezza di 3 metri), che era quello, forse di epoca tracia, di un’antica sorgente di acqua minerale che sgorgava dal terreno. Vicino alla fontana si ergeva una possente quercia secolare. (Galleria fotografica: foto 1, foto 2, foto 3, foto 4, foto 5, foto 6, foto 7).


Dai ricordi di Borìs Nikòlov
69La storia dell’opera è stata ricostruita attraverso la consultazione di diverse pagine del sito petardanov.com

«Dividemmo la fontana in due parti: una per gli animali e una per le persone, in modo che l’acqua potesse essere attinta senza che il bestiame vi potesse entrare. Realizzammo sei vasche, tre a sinistra e tre a destra, e delle panche per sedersi, quindi una vasca centrale, ben arrotondata, dove le acque limpide confluivano in abbondanza dalle cannelle. Nella parte superiore del muro principale della fontana delineammo a sbalzo il Sole nascente. Sul muro sopra le vasche laterali invece inserimmo i grandi tondi dei simboli zodiacali. Al centro collocammo il segno dell’Acquario, proprio dove si trovava la spina della fontana. Costruimmo una barriera di cemento davanti alla fontana per impedire che il bestiame inquinasse l’acqua. Dal lato per gli animali costruimmo sei vasche da un lato e sei dall’altro, in tutto dodici abbeveratoi per il bestiame. L’acqua della sorgente usciva dalla spina, cadeva nella vasca rotonda e da lì veniva distribuita a destra e a sinistra passando attraverso tre vasche, che servivano per il lavaggio. Da qui l’acqua proseguiva verso i successivi sei abbeveratoi, a destra e a sinistra, quelli per gli animali. Poi davanti alla costruzione conficcammo nel limo delle grandi pietre dritte e oblunghe, in modo che i panni appena lavati non si sporcassero di fango. Le donne ce ne furono molto grate».

* * *

Terminata la fontana, dopo tre settimane di lavoro collettivo, i fratelli e le sorelle del posto si assunsero l’obbligo di pulire settimanalmente, a turni, la fontana e l’area circostante. Dopo dieci anni, nel 1938, Bertoli e Boris Nikolov vi effettuarono con successo un intervento di manutenzione e restauro.

Purtroppo la struttura della fontana è stata totalmente stravolta durante il regime comunista, ma essa è tuttora funzionante.

3. La fontana con i bassorilievi a Izgrev, detta Fontana della cerbiatta (1934)

Questa grande fontana si trovava davanti al cancello di accesso al Salone, e per la sua bellezza era diventata una meta turistica assai frequentata dagli abitanti di Sofia, che vi si recavano in passeggiata. L’opera era decorata con i bassorilievi dell’artista Cvetana G. Štiljanova,70Cvetana Štiljanova (1903- 1994), artista visiva e seguace del Maestro. su idea del Maestro. Le immagini dei bassorilievi raffiguravano una cerbiatta che pascola, un’aquila che costruisce un nido per i suoi piccoli, e una figura umana che legge un libro, sullo sfondo del Sole nascente. Tali immagini simboliche erano tratte dall’Inno alla Grande Anima, uno dei canti più solenni della Fratellanza.

Nel 1934 venne realizzato un muro di mattoni, poi intonacato, dalla linea superiore arcuata, a rappresentare l’orizzonte. La fontana era alta un metro ed era incastonata in un bacino circolare largo cinquanta centimetri per un metro di diametro. Tre quarti della spina sporgevano davanti alla parete panoramica, mentre un quarto restava incassato nel muro. Sulla parete panoramica di fondo furono realizzati i bassorilievi secondo le parole dell’Inno alla Grande Anima [vedi lo schema grafico delle immagini in bassorilievo sulla fontana]: il Sole che sorge in alto a sinistra, sopra le montagne, illuminando tutti gli esseri viventi; sulla destra una cerbiatta che pascola docilmente sull’erba e, accanto a essa, una donna a figura intera, con la veste lunga fino a terra, tiene un libro nella mano sinistra e una mela nella mano destra. A sinistra un’aquila che scende ad ali spiegate sul nido che sta costruendo con dei rametti. In alto, sul cornicione della fontana, erano scolpite tre brevi frasi: “Mangia bene”, sopra la cerbiatta; “Pensa bene”, sopra la donna; “Lavora bene”, sopra l’aquila.
Il Sole è la fonte della vita, la cerbiatta rappresenta la Natura, e l’aquila l’aspirazione al sublime. L’essere umano simboleggia il razionale, il libro la conoscenza della Parola.

Quando il luogo fu nazionalizzato, la fontana non poté essere dislocata a scopo conservativo e venne quindi abbattuta.

La fontana della cerbiatta era uno degli angoli preferiti per le foto ricordo degli ospiti di Izgrev. (Ecco una rassegna di alcuni scatti: foto 1, foto 2, foto 3, foto 4, foto 5, foto 6).

Appendice 2 – Opere pubblicate


per la diffusione dell’Insegnamento

a) Libri in lingua italiana


Sono attualmente disponibili in lingua italiana tre libri tradotti dal bulgaro da Alfieri Bertoli. Due sono stati recentemente pubblicati dalla Casa Editrice Alpha-Dar, e uno dalla Casa Editrice Byalo Bratstvo. Tutti e tre i volumi sono attualmente di difficile reperibilità.

1. Purezza Assoluta
Edizioni Byalo Bratstvo (2009)

2. Il Maestro Parla
Edizioni Alpha-Dar (2010)

3. Il Mondo delle Anime Grandi
Edizioni Alpha-Dar (2013)

b) Articoli su riviste specializzate


Riportiamo qui le immagini di un articolo in italiano di Alfieri Bertoli apparso sulla Rivista “Scienze Occulte”, numero del primo gennaio 1950 (questo articolo segue, come si legge, a quello pubblicato nel precedente numero della rivista, dell’ottobre 1949, di cui non è disponibile copia).

La prima immagine corrisponde all’inizio dell’articolo nella prima pagina della rivista, e la seconda immagine corrisponde al seguito dell’articolo in una pagina interna. In calce all’articolo viene indicato che i contenuti sono estratti dal libro “Il Maestro parla” e si legge, inoltre, l’indirizzo del Dott. B.Baruch.

c) Pubblicazioni con estratti dell’Insegnamento


Pubblichiamo qui le foto di alcune pagine, esemplificative dei “Brani di Insegnamento da discorsi del Maestro”, una pubblicazione sotto forma di dispense stampate in ciclostile, i cui numeri Alfieri inviava da Sofia per corrispondenza.

Le foto della rivista appartengono al numero del dicembre 1938 (aperta la prima foto, è possibile usare le frecce laterali per far scorrere e visualizzare le successive).


Foto 1       Foto 2       Foto 3       Foto 4


Si ringrazia la sorella Ljubov, bulgara residente in Svizzera, per averci inviato questa preziosa testimonianza.

d) La rivista “Le Grain de blé”


La rivista Žitno zărno (Chicco di grano) fu inizialmente creata in Bulgaria, interamente redatta dai discepoli del Maestro Beinsa Duno, e venne pubblicata con cadenza mensile dal 1922 al 1944. Ogni numero della rivista conteneva conferenze del Maestro e articoli che approfondivano le varie scienze esoteriche e le correnti spirituali diffuse in quel periodo.
Dal 1934 a Sofia si iniziò a pubblicare anche una versione in francese della rivista, ma dopo la dipartita del Maestro, avvenuta nel 1944, fu sospesa la pubblicazione di entrambe le riviste.

A partire dal 1957, a Parigi,  Annina Bertoli ridette vita alla versione francese della rivista, e continuò poi a curarne la pubblicazione fino al 1988. I volumi della nuova edizione francese, intitolata Le Grain de blé,  contavano circa una ventina di pagine e contenevano conferenze del Maestro, articoli sulle scienze esoteriche, sull’educazione dei bambini, consigli pratici per la vita quotidiana, esercizi di respirazione, concentrazione, meditazione, esercizi fisici.

Una cinquantina dei numeri pubblicati in francese dal 1957 sono attualmente scaricabili dai seguenti siti:

e) Pensieri poetici


A completamento di questa panoramica sul lavoro che Alfieri Bertoli portava avanti per la diffusione dell’Insegnamento, riportiamo anche due esempi dei pensieri poetici di argomento spirituale che egli scriveva e pubblicava. I due componimenti che qui proponiamo, sono stati pubblicati su Život (Vita), una rivista fraterna che usciva con cadenza settimanale, corredati da illustrazioni realizzate da Svetlana G. Simeonova.

1. Il segreto della vita

L’anziano ha percorso una lunga via, ha attraversato montagne e campi, giardini meravigliosi lo hanno deliziato, erbacce e spine lo hanno ostacolato, e infine è arrivato alla porta che conduce all’ignoto, alla vita dopo la morte, all’oscurità… per gli ignoranti.

Pendono su di lui i frutti delle sue azioni e dell’esperienza acquisita. Sul Giovane ci sono i fiori. Fiducioso, vitale, vigoroso, esce dalla porta buia; davanti a lui si apre una lunga via luminosa che conduce verso l’alto, verso la vita, verso nuove esperienze e nuove acquisizioni.

Sia concesso anche a noi, giunti nella situazione dell’anziano, di guardare con gioia e gratitudine alla strada percorsa, sapendo che usciremo di nuovo dalla porta a destra, ringiovaniti e rinnovati, pronti a ripartire. La vita non si ferma mai, essa è un grande mistero.

A. Bertoli.


Pubblicato sul terzo numero della rivista “Vita”, uscito il 5 aprile 1929.


Titolo dell’illustrazione: “E allora capì il segreto della Vita”.

2. Alla sorgente della vita

L’acqua è l’emblema della vita e, come l’anima, aspira alla sua patria. La patria della goccia d’acqua è il mare, e la goccia, muovendosi verso il mare, porta benedizioni e gioia lungo il suo cammino: ai fiori, ai giardini, a ogni essere vivente.

Allo stesso modo la nostra vita, che è il cammino della nostra anima, deve essere benefica come l’acqua e portare gioia e forza ovunque vada.

A. Bertoli.


Pubblicato sul quarto numero della rivista “Vita”, uscito il 12 aprile 1929.


Titolo dell’illustrazione: “E giunse alla sua Sorgente, la Sorgente dell’incessante Vita Eterna, e bevve da essa”.

Appendice 3 – Louis Kuhne e Romolo Mantovani


Louis Kuhne (1835–1901) fu un medico di Lipsia, precursore, al pari del connazionale Padre Sebastian Kneipp (1821-1897), dell’idroterapia come  branca della naturopatia. In vari testi, all’epoca molto diffusi e popolari – ma screditati dalla medicina ufficiale – raccomandava l’uso di saune, bagni di sole e frizioni con acqua (denominati bagni derivativi) per eliminare le scorie estranee depositate nell’organismo, oltre a una dieta vegetariana povera di sodio. Sostenne il concetto della fermentazione intestinale come causa delle malattie e sviluppò in parallelo la scienza dell’espressione facciale, un sistema di diagnosi fisiognomica.

È interessante notare che una copia della prima edizione in lingua bulgara del suo manuale esplicativo “La nuova scienza della guarigione o la dottrina dell’unità delle malattie” (autopubblicato a Lipsia nel 1883), stampato nel 1907 a Sofia, venne donata dal famoso editore Dimităr Golov, fido seguace del Maestro Beinsa Duno, al Maestro stesso. Quest’ultimo cita i metodi di guarigione di Kuhne in almeno una decina di distinte occasioni, sempre sostenendone l’efficacia.

Romolo Mantovani (1893-1992), autore del bestseller “Il libro delle cure naturali” (ed. Mediterranee 1981), nasce ad Arzignano (VI) il 23 Dicembre 1893. Si ritrova chiamato alle armi per la guerra del 1914-18, evento in  stridente contrasto con ciò che si andava formando nel suo pensiero, tuttavia la sua bravura è talmente lampante che viene addirittura decorato. Dopo un periodo di forte debilitazione e malattia, contratta in guerra fra le trincee, ritrova la salute grazie alla conoscenza e alla pratica delle terapie naturali. Durante la malattia ha una rivelazione che determinerà per più di sessant’anni la sua filosofia di vita: “qualcuno” gli chiese di dedicare la sua esistenza a guarire con la fitoterapia e l’argilla i mali delle persone bisognose. Da quel momento diventa vegetariano e studia i benefici delle piante: è infatti la Natura che le ha create come primi rimedi medicinali per l’uomo e gli animali. Da qui il suo interesse si sviluppa sempre più, sperimentando su se stesso i metodi naturali, e convincendosene a tal punto da volerli offrire ad altri. Perciò si trasferisce a Milano, città più aperta e cosmopolita, ma le imposizioni dettate dal partito fascista risultano insopportabili per uno spirito indipendente, e così, dietro consiglio di amici, negli anni Trenta emigra a Parigi, in Rue de Lancry 10, trovando inizialmente lavoro come contabile ed ebanista. Insieme a Lucie Piazzo (medium, veggente e sensitiva), Raymond Dextreit, Suzanne Misset-Hopez, Gisèle Raymond, Jeanne Bernard, Suzanne Robineau, fonda l’associazione fraterna internazionale Amour et Vie, promotrice di Pace universale, e l’omonima casa editrice, divulgatrice di testi spirituali e del metodo di autoguarigione integrale naturopatico (tramite la rivista l’Heure d’être). Romolo era universalmente apprezzato per la sua gentilezza e generosità, e ciascuno ricorda che, quando si andava da lui, la sua porta era sempre aperta.

Appendice 4 – Visita della delegazione francese (1939)

1. Katja Griva, davanti al microfono, incide un canto per i francesi nel 1939.

2. Sabsay e Cardin, in primo piano, davanti al Maestro, ospiti nell’estate 1939 al campo del Rila.

3. Tre foto con il gruppo francese. Il primo sulla destra, in terza fila, è Alfieri Bertoli, vestito di chiaro. La prima sulla sinistra, in basso, con il cardigan scuro e il nodo alla camicia, è Annina. In seconda fila, la terza da sinistra, leggermente di tre quarti, con il berretto, è Marietta. La donna alla destra di Marietta potrebbe essere la madre, Lucia. Menjaud è nella seconda fila, il secondo da destra, con un bastone da passeggio.

Appendice 5 – Iniziazione sul Rila


Ho fatto la Prima Comunione a sei anni appena, mentre ero in orfanotrofio a causa della grave malattia di mia madre [Lucia Bertoli, N.d.T.]  Avevo sentito il sacerdote dire alle bambine più grandi: «Domani riceverete Dio in voi. E qualsiasi cosa desideriate, Egli ve la accorderà». Allora pensai che anch’io dovevo fare la comunione: mia madre era molto malata e volevo che Dio la facesse guarire. Nonostante non sapessi niente di come si faceva, mi misi in fila per confessarmi dietro alle bambine più grandi, e così, giunto il mio turno, mi inginocchiai e chiesi al prete di essere purificata perché la mamma guarisse. Egli fu talmente stupito al sentire una bambina così piccina parlare in quel modo che mi fu concesso di ricevere la comunione. L’indomani mi misero la veste con il velo e, quando passarono davanti a me, tirai bene fuori la lingua, perché sapevo che non dovevo toccare l’ostia con i denti. E con la fede che Dio fosse entrato in me, pregai con tutto il cuore che mia madre guarisse. Avevano detto che mia madre era incurabile, ma anche lei aveva fede, e si salvò.

Un’altra volta le suore mi scelsero per fare l’angioletto durante una processione: camminavo in mezzo alla gente con il vestito e le ali rosa. Mi sentivo sola, tanto sola, proprio come un angelo caduto dal Cielo, provavo una viva sensazione di angoscia interiore. E lo stesso mi accadde una seconda volta in Italia, dove in un’altra cerimonia religiosa camminavo tra due ali di folla lanciando petali di rosa: provai lo stesso terribile dolore, come se fossi naufragata sulla Terra.

In Italia ho anche passato un periodo in monastero, dove mi confessavo quotidianamente e, siccome continuavo a credere che dopo la comunione Dio fosse proprio dentro di me, pregavo fervidamente rivolgendomi a Lui: «Signore, fa’ che mio padre torni in seno alla Chiesa, altrimenti andrà all’inferno». Ho pregato così per un anno e mezzo intero. Poi, tornata a Sofia, andai un giorno ad ascoltare una conferenza del Maestro [Beinsa Duno, N.d.T.], là dove mio padre si era costruito una baracca, e incontrai le care vicine, le sorelle Paša e Anja [Teodorovi, N.d.T.]. Mi chiedevo: «Come è possibile che tutte queste persone vadano all’inferno?». La conferenza parlava dell’Amore, di Dio, del fatto che siamo tutti fratelli e sorelle, e così via. Tornai in chiesa, ma non era più la stessa cosa, non sentivo più quello che sentivo prima. Per altri due anni restai ancora in uno stato di esitazione, finché mio padre non decise di trascorrere il Natale al rifugio Aleko, sul Vitoša [la montagna vicino Sofia, N.d.T.], dove c’era anche Cveta Simeonova, e una mattina andammo a vedere l’alba. Tutto era coperto di bianco: neve e nuvole coprivano Sofia, che era scomparsa. Solo bianco dappertutto. All’improvviso il sole sorge sopra le nuvole e una luce sembra entrare in me, mi dico: «Hai pregato un anno e mezzo per tuo padre e lui non ha cambiato strada. Se questa non fosse la vera via, Dio non permetterebbe una cosa del genere». E questa mia fede nel Signore si è rafforzata, e da allora ho capito che questa era la Verità, perché anch’io cercavo la vera via. Il sole è sorto per me allora: è avvenuta la mia rinascita.

Nel 1932 per la prima volta salii al campo sul Rila, ma non volevo baciare la mano del Maestro, mi tenevo in disparte. Mi piaceva anche la Paneuritmia, ma restavo alla larga. Un giorno il Maestro ci portò al Lago della Purezza a purificarci i piedi, le mani, il viso, la testa.71Una pratica che consiste nel pronunciare delle formule di purificazione, bagnandosi con l’acqua del lago. Anche io, che ho sempre amato l’acqua, mi bagnai nel Lago, e poi, rientrati al campo, sorella Paša andò dal Maestro, e lui le consegnò un barattolo di dolce bianco per me.72Si tratta di una ricetta a base di zucchero, albume e vaniglia, simile alla pietanza che in Italia chiamiamo “Bianco mangiare”. Ricordo ancora quel barattolo come se fosse oggi. Paša tornò annunciandomi con gioia: «Sai che cosa ha detto il Maestro? Che da oggi sei una sorella bianca!”. Allora non ci credevo, ovviamente, ma ora, più leggo e più capisco che tutto ciò che dice il Maestro è la pura Verità.

“Da oggi Annina è una sorella bianca”, furono le sue parole: quindi prima sono rinata e poi ho ricevuto il battesimo, lassù, al Lago della Purezza.

1. Con il Maestro al Lago della Purezza.

2. Dopo aver attinto l’acqua ed essersi bagnati, si spruzza l’acqua verso il centro del Lago.

Appendice 6 – Un’esperienza di Lucia Bertoli sul Rila


Ricordo un’esperienza molto bella di mia madre [Lucia Bertoli, N.d.T.] sul Rila. Il tempo era nebbioso e, recatasi alla sorgente, si fermò a cantare i canti fraterni, l’uno dopo l’altro. Era da sola, e non sapeva che nel frattempo mio padre [Alfieri Bertoli, N.d.T.] era andato con il Maestro da qualche parte. Mentre ritornavano, il Maestro sentì che qualcuno stava cantando. Si fermò e si sedette su una pietra; mio padre riferì che il Maestro si tolse il cappello e ascoltò per tutto il tempo con grande attenzione, concentrato. Quando lei finì di cantare, il Maestro si rimise il cappello e se ne andarono.

Mia madre tornò in tenda ed ebbe l’impressione che un asino spingesse con il muso per entrarvi, e invece l’entrata della tenda si aprì, e lei vide un trio di angeli, tutti e tre alti, biondi, belli, e molto, molto luminosi, e tutti e tre si inchinarono a lei e le dissero: «Ti ringraziamo per i bei canti che ci hai cantato! Ora resteranno registrati per l’eternità del tempo». Sollevarono le ali, formando un triangolo, e iniziarono a fuoriuscirne i sette colori dell’arcobaleno. Poi si inchinarono di nuovo e scomparvero. Ora, mia madre non sapeva affatto che gli angeli fossero maestri di musica, che le sette note producessero i sette colori; non sapeva nulla di tutto questo. Fece quell’esperienza, e ora mi chiedo se fu il Maestro a mandare quei tre angeli a ringraziare o se vennero da soli… non lo so. Mio padre sosteneva che fu il Maestro a inviarli. Ma questo è ciò che le dissero, in lingua bulgara: che [i canti] ora sono registrati per sempre.

Alcune persone in Francia mi hanno detto: «Non vi rendete conto di aver vissuto un momento unico. Da quando esiste il mondo, non è mai avvenuta una cosa del genere». Me lo disse una donna francese, e quando ci ripenso mi viene da piangere. Davvero, mi dico, eravamo giovani e non ce ne rendevamo conto.

1. Con il Maestro presso il Quarto Lago, detto “I Gemelli”.
Alfieri e Lucia Bertoli sono gli ultimi sulla destra, in piedi.

2. Dettaglio della foto precedente.

Galleria fotografica

Foto della famiglia Bertoli durante le riunioni fraterne

1. Escursione sul Vitoša. Alfieri Bertoli è seduto alla destra del Maestro, con i fratelli anziani nati nelle ultime decadi del 1800.

2. Da sinistra Djado Blago, Alfieri Bertoli, il Maestro, Ljubomir Lulčev
e Todor Stoimenov (uno dei primi tre discepoli del Maestro).

3. Dettaglio della foto precedente

4. In barca ai Sette Laghi. Alfieri Bertoli accanto al Maestro, ai remi il giovane Krum Văzharov (1937).

5. Alfieri Bertoli accanto al Maestro, campo sul Rila (1939).

6. Rila, 1937: il Maestro con gli ospiti stranieri (lettoni).

7. Dettaglio della foto precedente: accanto al Maestro, da sinistra verso destra, i traduttori Gheorghi Radev e Petăr Pamporov (esperantista), quindi Alfieri Bertoli e, dietro di lui, alla sua destra, la moglie Lucia.

8. Alfieri Bertoli durante un’escursione al bivacco sul Vitoša (El Shaddai), con il berretto fra le ginocchia, tra i bambini.

9. Dettaglio della foto precedente.

10. Giovani in escursione sul Rila. In alto, la terza da sinistra, è Annina Bertoli.
(vedi ingrandimento).

11. Seconda foto della stessa escursione.

12. Terza foto: sedute a prua ci sono le sorelle Marietta e Annina Bertoli; quest’ultima fa un saluto con il fazzoletto.