Il vecchio violino del Maestro


Il Maestro Beinsa Duno con il suo violino

Testimonianza di Galilej Veličkov [1]


Sapevamo che il Maestro aveva fatto gli studi in America. Aveva studiato teologia e medicina.
Dai racconti dei primi amici e dei suoi compagni di studi sapevamo che quando era lì suonava molto bene e avrebbe potuto fare una carriera musicale come violinista. Sapevamo anche che suonava su un violino di vecchio tipo, di quelli che si suonavano nel secolo scorso.

Quando arrivai a Izgrev vidi che il Maestro aveva un vecchio violino, un modello vecchio, ma non glielo avevo visto suonare. Avevo sentito dire da amici anziani che dall’inizio del secolo fino alla guerra dei Balcani il Maestro lo aveva suonato.

Così accadde che il Maestro mi chiamò da lui e mi mostrò quel violino, che stava in una custodia triangolare a forma conica. Tirò fuori il violino dalla custodia, lo accordò e mi suonò uno o due canti. [2] Poi si girò verso di me e mi chiese: «Lo vuoi?». Non mi aspettavo una domanda del genere, per la quale non ero pronto. Non osai dire una parola. Il Maestro mi guardò e, capendo che non lo volevo, lo ripose nella custodia. Il Maestro non forzava mai le cose. Disse soltanto sottovoce: «L’ho suonato in America».

Rabbrividii. Ormai non potevo tornare indietro, non avevo la forza di chiederglielo. Mi vergognavo di averlo rifiutato. Perché lo avevo rifiutato? Solo perché il suono di quel violino non era come quello del violino su cui il Maestro suonava. Sì, ma quello accadeva allora, nel 1940, mentre in precedenza egli aveva suonato su quell’altro, si era accontentato di quell’altro violino, e chissà per quanti decenni l’aveva suonato. Mi vergognavo per aver rifiutato, e dopo fui molto, molto dispiaciuto.

Dove sia finito quel violino, nessuno è riuscito a capirlo. Probabilmente non interessava ad altri violinisti perché era un vecchio modello ed era più difficile da suonare; ma io avevo saputo direttamente dal Maestro molte cose su quel violino; avrei dovuto prenderlo con me, ma non ho portato a termine il mio compito: me ne pento e me ne pentirò fino alla fine della mia vita. Che fine avrà fatto quel violino?

Ci furono anni turbolenti. Arrivarono momenti di amarezza, di tormento e di persecuzioni. Arrivò il processo degli anni 1957-58. [3] Tutti gli effetti personali e le cose del Maestro furono messi all’asta da un banco dei pegni e su nostra insistenza furono venduti ad alcuni dei nostri amici. La somma raccolta dalla vendita degli oggetti doveva andare allo Stato, affinché fossero saldate le multe e gli interessi sulle tasse non pagate dalla Fratellanza. Si tratta di una storia brutta e lunga, ma istruttiva.

Coloro che in futuro vorranno impegnarsi a dirigere e a creare una società devono conoscere questa storia fin nei minimi dettagli, per non ripetere gli stessi errori della generazione precedente. E così gli oggetti vennero distribuiti, dal momento che tutti avevano dato una somma di denaro in anticipo.

Io avevo messo da parte una grossa somma, la versai e ci ricomprai l’armonium che stava nel salone [4] e veniva suonato ai tempi del Maestro.


Galilej Veličkov (sulla sinistra) nel salone di Izgrev, alla fine degli anni Trenta,
insieme ai musicisti francesi ospiti in Bulgaria (foto dal vol. I della serie “Izgrevăt”).

Ma quale non fu il mio stupore, la mia sorpresa e, successivamente, la mia amarezza, quando realizzai che al posto del mio nome ne era stato messo un altro, quello di chi aveva presumibilmente pagato per l’armonium.

Tutti sapevano che l’avevo pagato io. Per molti anni – quasi trenta –  quell’armonium rimase a casa di Petăr Filipov e nessuno lo ha mai suonato. È stato conservato lì. Speriamo che in futuro qualche musicista venga a suonarlo e che ci saranno nuovamente le condizioni perché lo utilizziate in qualche grande sala. Era uno strumento bello, di classe. Al Maestro piaceva molto. Proveniva da una rinomata ditta tedesca.

E così quel vecchio violino fu acquistato e ce l’ha qualche amico, ma quest’ultimo non ne conosce la storia, non sa che il Maestro lo aveva suonato fin dagli anni della gioventù, per circa vent’anni. E questo non è poco per uno strumento: essere suonato da un grande maestro. E anche il fatto che il Grande Maestro abbia suonato per così tanti anni su quello strumento non è cosa da poco.

Lo dico ora, dopo aver capito da tempo il mio errore nel non prendere con me il violino che il Maestro voleva darmi.

Fu un errore imperdonabile. Chi correggerà questo mio errore? Quel violino andrebbe ritrovato, bisognerebbe far sapere di chi era, chi lo ha suonato e dovrebbe rimanere alla prossima generazione. Io non sono riuscito a portare a termine questo compito. Lo farà qualcuno di voi.

Al tempo delle vendite furono offerti e acquistati quattro o cinque violini che si trovavano nella stanza del Maestro. Io ne riscattai uno grazie a un documento del banco dei pegni e lo tenni con me per molti anni. Ma non si trattava del vero violino su cui suonava il Maestro.

Dove sia finito quel violino per me è rimasto un mistero irrisolto. Spero che entro la fine della mia vita riuscirò a risolvere questo mistero, o almeno portare a termine uno dei compiti che riguardano quei violini. Ma sono convinto che, se non ci riuscirò io, ci riuscirà qualcun altro che verrà dopo di me.

C’è una legge nella Scuola: se qualcuno non riesce a portare a termine un lavoro, viene inviato qualcun altro. Se neanche quest’ultimo dovesse riuscirci, ne viene inviato un terzo, un quarto e così via, ma alla fine il decimo lo porterà a termine.

Io sono stato il primo della catena a non aver portato a termine il lavoro. Mi auguro che il secondo, quello dopo di me lo faccia. Se non sarà lui a farlo, lo farà il decimo.

Ho scritto un’intera confessione sui violini del Maestro. Ho anche scritto un saggio sul Maestro come violinista. Questa era la mia visione, quella di un discepolo ordinario, nella misura in cui riesce a cogliere, attraverso la propria coscienza umana, una particella della luce emanata dalla Supercoscienza Universale del Grande Maestro Beinsa Duno.

E così, di quei quattro o cinque violini, consegnai quello che avevo ricomprato a un membro della generazione successiva.

Invece per quanto riguarda il violino del Maestro, il Suo violino, quello su cui suonò durante tutto il periodo della Scuola, dove esso si trovi rimane per me un grande problema irrisolto.

Io non sono riuscito a risolverlo. Spetta al secondo che verrà dopo di me nella catena risolverlo. Se non ci riuscirà lui, lo farà il decimo che verrà, e lo risolverà sicuramente. Questa è la legge della Scuola.

Vi ho raccontato una triste storia sul vecchio violino del Maestro, e l’ho raccontata anche affinché abbiate una coscienza vigile, poiché lungo il proprio cammino si possono perdere attimi e momenti in cui è necessario risolvere un compito per il quale si è venuti nella Scuola del Maestro.

La coscienza vigile corrisponde a quell’ininterrotto filo di luce nella propria coscienza, che collega la mente umana alla Luce che proviene dalla Parola del Maestro.

Note

[1] Galilej Veličkov (1911-1985), violinista e allievo della Classe occulta dei giovani. Questa testimonianza è tratta dal volume I della collezione Izgrevăt (capitolo 2.13, pagg. 28-29).

[2] Il Maestro Beinsa Duno, nel corso di tutta la sua missione terrena, ha composto un ricco repertorio di canti che costituiscono un prezioso strumento di perfezionamento spirituale.

[3] Ci si riferisce qui al processo intentato nel 1957 dall’allora governo comunista contro la Fratellanza, allo scopo di eliminarne la cospicua presenza in Bulgaria. L’accusa ufficiale era quella di aver acquistato al mercato nero della carta da stampa senza regolare ricevuta, e di avere quindi evaso le tasse (dopo la scomparsa del Maestro, infatti, si continuò a stampare in segreto molti volumi di conferenze).

[4] Il salone delle conferenze nel villaggio fraterno di Izgrev.